Una piccola barca avanza, lenta, nella nebbia. Verso un destino. Da Malamocco, dove la vita ha trovato una sua strada, attraversando il canal Orfano, verso l’isola di Poveglia.
Già dal canale, in fondo, quel destino è l’assenza. Chiamato così per il numero dei soldati che ci hanno perso la vita nella guerra tra i Veneziani e i Franchi di Pipino d’Italia, è come un annuncio della vita che lascia i luoghi, abitandoli di ricordi, di immagini, di spazi vuoti. Dove la memoria, come l’acqua, come la nebbia, occupa lo spazio che si ritrova vuoto.
(...) Poveglia, le sue stanze vuote, la sua storia, le sue leggende.
Poveglia è stata un sanatorio, una base militare, un luogo di confino politico, un lazzaretto. Per altri è stato un luogo doloroso, perché qualcuno ci ha sofferto, fino al punto di togliersi la vita. O almeno così si dice. Per altri è stato un sogno di business, naufragato nelle suggestioni. Per altri è abitato da fantasmi.
Per voi sarà un viaggio, tra storia e immaginazione, tra vite di passaggio.
Cercate voi, se vi interessa, chi potrebbero essere le voci che ascoltate. Provate a dare un volto. Oppure no. E ascoltate le voci di Poveglia, che in fondo sono quelle di tutti noi. (...) sono un omaggio a tutte le vite che hanno attraversato Poveglia, quelle vere e quelle immaginate. Che magari scoprirete, alla fine, che sono le vite di tutti. Perché il dolore e la paura, la rabbia e la speranza, non sono patrimonio esclusivo di nessun luogo. Solo che in alcuni luoghi simbolici, a volte, vengono relegati.
Perché la nebbia rende incerti i confini, ed è bello perdersi cercando vite che non sono le nostre. Per capire, una volta trovate, quanto ci raccontano di noi.